“Quando vago nel buio”

E’ un insonnia diversa, pratica. Pensieri che fibrillano negli occhi, intermittenze di idee, dubbi e certezze e “domani”.
Ma sempre insonnia.
Da almeno un mese.
Anche ad alzarsi presto la mattina.
Tengo un pò lo sguardo  sul termosifone, mi alzo, scendo.
Aisha sembra un pò disturbata da questo mio movimento notturno.

Tisana.Vorrei ma non ho il coraggio di uscire a guardare le stelle.
Sto bene, ho caldo. Fuori no, fuori è gelo e umido. Gli orti e i campi emettono nebbia.
Salgo. Butto due guanti dentro al cubo di luce, faccio un pò di scatti.
Lo smonto: gli cerco l’anima di ferro che lo fa piegare su se stesso e chiudere, e come un
anima ha memoria e riprenderà forma, domani, altrove.         Spero così la mia.
Penso alle foto da fare e  alle ore da lavorare per il minimo garantito. Ma non ho paura. Tutto andrà bene.
Penso che devo andare a trovare la nonna.
Penso che il letto stasera è più vuoto.
Nessun “re” del letto a piantare bandiera al centro ,
a possedere il mio piumone tutto dalla sua parte,
a ingabbiarmi con le braccia.
Ero sveglia anche ieri notte e se un poco invidiavo il suo sonno, mi faceva compagnia il suo respiro sul collo .
A un abbraccio da togliere il fiato dai polmoni, ho detto “ANCORA” per rimpiazzare tanti abbracci assenti. Poi ho detto “BASTA”, a meno non rivoglia tu la costola che ci creò. La forza decisamente ti appartiene, il saperla dosare, meno. Ma in fondo non mi dispiace (Se non mi frantumi è meglio). So già che son momenti. Ma non ho paura.

 

Riaccendo la luce e continuo il libro appena cominciato:
“Il cuore è un cacciatore solitario”-di Curson McCullers.
Attendo paziente l’omino della sabbia.

Lo zaino

Sai lo zaino che “ho preso in prestito” a casa tua?

Sta ogni andata, ogni ritorno da lavoro, in bici, sulla mia schiena, abbracciato alle mie vertebre.
E io so di avere una cosa tua con me. Sta con me nel parco, tra il verde, la gente che si fa il fiato correndo, che gironzola con i cani, sta in una bellissima macchia di verde, in una strada bianca. Contiene poche cose, è leggero e presente. E mi fa pensare a te. E mi fa stare bene avere qualcosa che ti appartiene. Mi piace. Ha troppe cerniere per me che non le chiudo mai e perdo sempre tutto e gli manca un gancino. Mi piace.

Io sò che mi comporto con te, come quei fidanzati assenti e perennemente distratti e penso che un giorno ti stuferai, e forse avrai ragione. Poi, proprio come quei fidanzati, quelli delle canzoni di una volta, magari sembra che provo a “coglierti” di sorpresa, di tanto in tanto con due parole “ruffiane”. Però le sento.

Ti sento. Ci sei anche quando non ci sei. E mi dai sempre. Quando sei a portata di sguardo io riesco a sentire i tuoi occhi. Li sento quando si posano su di me, quando mi accarezzano e quando mi frustano. E non ho paura dei tuoi umori, dei tuoi silenzi, delle tue espressioni, delle tue paure, dei tuoi pensieri, della tua forza,delle tue opinioni. Sono familiari, tu sei familiare. Non ho paura della nostra diversità.
All’ingorgo sonoro non ho voluto tornarci quest’anno. Perchè lo scorso, sedute su un gradino, in disparte, tra la folla, il rumore, i vapori etilici(non miei, ero sobrissima)in un attimo mi è cambiata la vita, ho visto un mondo che non conoscevo nelle tue parole, mi sono sentita arrabbiata perchè disperatamente impotente. Mi sarei sparata seduta stante un colpo ad una gamba in cambio di quel tuo “nero”. E ho chiuso tutto in un baule dentro la mia anima, come faccio con le cose solo mie , quelle che non esistono parole per dirle. Ti preserverei da ogni male , da ogni ferita, delusione se potessi. Te sola. Fa niente se non sarebbe giusto.Me ne frego della grammatica.

Nuvole&Lenzuola

Non sono materiale, ma certi aspetti della materia, sono piuttosto interessanti.

Non ha certo una firma la materia che intendo
non mi taglierò le vene mai davanti ad una vetrina ,ad un vestito
ad un gioiello , non sgomiterò per far parte di un elitè, per il posto chic…

Non costa la materia in questione…perchè dare un prezzo alla zattera che ti porta via dalla terra ferma non si può.
Quando nella tua testa si rovesciano i vasi dalla mensola del pensare incessante e i colori si spaccano e si mescolano agli odori, ai sapori, e sa di isola il letto, san di sabbia le lenzuola, e di mare tu, di onda.
Sà di un abbandono nuovo e diverso, che cresci e credi non sia possibile che ci sia di più , di più bello che alla sprovvista invece ti coglie e ti fa spuntare le piume tra le scapole.

IPNOTIZZATA, DISTRATTA.

E lo so che il centro di questa materia non ha corpo, non ha materia.

E’ trasparente, è spirito, è un posto esclusivo.

E lo so che vale per due, che le resistenze, quando rimettiamo i piedi a terra,
non ce lo fanno dire del tutto, per difendersi (come è giusto) da quell’ armonia comune che arrivò così
dalla sera alla mattina, dal primo gesto
La logica , a buona ragione, ti dice di stare attento:
è “a doppio taglio” ciò che ti lega e ti annoda ad un altro tuo malgrado.
E’ un arma bianca.
Per ora, solo per ora, cedo, decido da sveglia di coprire i dubbi e le paure con il bello ed il sereno.

Con scadenza.

NON E’ TUTTO, lo sai,
ma è tanto,
quando con le dita sfiori le nuvole
e scopri che come nei tuoi sogni più assurdi,
sono zucchero filato.

Per ora. Con scadenza.
E se mi dai per scontata anche un solo giorno, fai male.

Ci sono cose che mi dice l’anima

Febbricitante.
Affondano le mani nelle lenzuola, frugano nella disappartenza.
In viaggio per altre vite, in quel posto che sò, in qualche modo mio davvero.
Una punta di mare, dietro quella casa col tetto nero, lì , io, il mio cane, noi.
E l’oceano.

Un risveglio oggi mi ha ricordato perchè non bevo spumante da anni.
Il risveglio si chiamava malditestanausea, stomaco sottosopra.
Ma la notte sapeva di Muller Thurghau, sapeva di mandarini e caramella.
E di una risposta giusta, quella giusta, a due stupide lacrime distrattamente composte di domande che da giorni mi faccio.
Perchè ho persone vive intorno che si guardano dentro e ascoltarli è unire due fili elettrici dentro che portano a cercare ancora , ad aprire bauli e rimettere in mano i tuoi piccoli handicap per riguardarli, miseri, al microscopio. Siamo recipienti. E dobbiamo stare attenti a quel che ci mettiamo dentro.
Il Brut, non da solo, ha fermato il mondo e mi mi son scordata un attimo la mia semi-astenia.
Abbiamo fatto l’amore. Dal primo giorno.
Ora dopo un pomeriggio ad evaporare alcool, prevedo una doccia calda, un altro pò di tempo in compagnia degli "Amici miei" , imbiancati nell’ultimo atto, Saramago e il mio letto spostato ancora, certe volte, immenso.

Againandagainandagain

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Sempre in un mare di guai, che figliano come conigli.
E la parte che è colpa mia più mi irrita.
Perfino la canina si agita nel suo sonno.

Molti libri da leggere, nessuno da scrivere, un Tema senza titolo.
Il letto spostato nell’ala del tetto per sentirmi più accucciata o tramortirmi la mattina con una testata al soffitto a seconda dell’occorrenza.
Mi da la nausea il lato pratico della vita e che gli imprevisti siano divenuti un lusso.
Ci vuole un-due-tre per trovarsi a mordere l’asfalto, culo a terra, faccia al muro.
Non ero fatta per le cose terrestri io. Ho sempre fatto bene col mio , ma, astratta, a fatica.
La testa mi preferisce stare ,naso in sù, a cercare le stelle, che in queste gelide sere se ne vedono a migliaia ,che ora le fuggo infilando sotto il cuscino perchè le miserie terrene e gli astri non si debbano incrociare nemmeno per sbaglio.
L’anno dovrebbe finire e cominciare facendo l’amore. Ma non con me…

Sarà la disperazione

che rende le giornate più ilari, quelle dove ridete, sciocche, fino alle lacrime, fino al mal di pancia.
Oggi , una di quelle dove mi scrollo l’indolenza di dosso e faccio e disfo, ritocco l’imbiancatura , sposto e butto, è andata così, assecondata dalle mie coinquiline, che anche se rompo le balle quando mi prende questa solerzia di domenica, poi lo sanno…che quando ricapita tanto zelo!! Io, quella dei  lavori eterni, delle cose cominciate e infinite, del "lo faccio domani". Al mercatino dell’usato ho comprato un abat-jour della quale sono molto fiera. E la casa cambia di nuovo aspetto, un poco kitch come piace a noi, ma avvolgente e "casa". A House in not a Home, diceva una canzone una house è qualsiasi casa, una home è la tua casa
Una volta circa i miei lavori mi han detto che in fondo non è mia, quindi perchè darmi tanto da fare. Potremo sperperare flosofici discorsi a vuoto sull’avere come casa tetti di stelle, cittadini del mondo, che la casa è dove sei tu(sì, e Barilla è casa). Lasciano il tempo che trovano.
Ci sono verità che hanno una consistenza. Il pane è pane in tutto il mondo. Ma l’odore e il sapore del TUO pane è un altro discorso. Il tè, che si tratta di mettere una bustina in una tazza d’acqua calda, eppure era più buono quello che ti faceva la mamma. Per non parlare del pane con il pomodoro strusciato e l’olio.  Si chiamano sensazioni, si chiamano  intimità. Si chiamano appartenza.
Allora è bello sentirsi a casa. E io non ho mai sentito Casa Mia prima di arrivare quì. E a casa stavo sempre il meno possibile.
Che nessun luogo abitato ho sentito "rifugio" . E non si chiamava libertà, si chiamava vento: assenza di una casa, di un luogo dove tornare, che ha il tuo odore e sapore e ricordi e famiglia. Non si desidera essere nomadi per sempre, altrimenti si è solo degli irrequieti. La libertà ce l’hai dentro e non hai bisogno di fuggire. Quì c’è casa. E ora che sò come è fatta una casa, non avrò paura di lasciarla quando succederà. Saprò averne un altra. Frattanto, l’ho smontata e rimmontata e pensata e modificata,dalla mensola al guardaroba, ai colori delle pareti e dei mobili, ai ritocchi, a quelli venuti bene a quelli venuti male, ad ogni chiodo attaccato al muro. La conosco in ogni suo angolo, pregio difetto, fessura, e rifinitura. Mille variazioni decise insieme , col tocco di tutte noi e i consigli delle persone che amo e le chiacchiere intorno al tavolo fino a tardi. Si chiama casa, sì. Mia. Nostra.
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Facce da schiaffi

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Il gusto si scioglie, cambia si trasforma, si plasma, sui difetti altrui. Ed è bello ciò che piace, che emana densità. Perchè è il neo, la stortura, lo spigolo, il kg in più, l’anomalia che risalta e incornicia le creature in sorrisi perfetti e braccia capienti, nell’armonia di porzioni di sè, simmetria delle labbra, intrecciarsi di mani,polsi,occhi, occhi,ancora occhi.
Così ciò che era bello ieri , lascia il posto al nuovo che traccia il sentiero al bello di domani. E il gusto cambia. La bellezza degli altri , quella che viene da dentro, ti si appiccica un poco come resina e profuma di boschi.

il 5 ottobre mentre guidavo tra i platani delle cascine, in zona vietata e militare, la mia scorciatoia per deviare l’inferno cittadino, nell’orario di ritorno a casa, ho avuto un  pensiero.
Per la prima volta in vita mia ho pensato ad un figlio.
In relazione a nessun uomo. Nessuno uomo della mia vita mi ha portato a pensare ad una famiglia, figuriamoci ad un figlio. L’unica mia elugubrazione in proposito , in passato è stata, che io avrei avuto una bambinA. Ne sono certa. Ma astrattamente.
Con le mani sul volante, tra un semaforo e l’altro ho pensato, con certezza assoluta, per almeno un minuto intero, che se avessi una situazione diversa, in generale, in senso pratico, lo vorrei.
La vorrei quella bambina. Mi prenderei tutto il pacchetto, notti in bianco, all inclusive.
La parte più imbarazzante è pensare a quei nove mesi di nausee e acidità di stomaco, e ad allargarmi, semmai non bastasse la mia larghezza attuale. Però c’è chi entra in uno stato di grazia in gravidanza.
Tutto in relazione a nessun uomo. Anche oggi. Ma fa niente. Qualcuno potrà trovare mostruoso che si pensi ad un figlio senza padre. Io del mio avrei fatto a meno. Ne ho fatto a meno. E quel poco ha fatto danno. Non sarebbe stato male averne uno a modino. ma non c’era…
Non vorrei insegnare grandi cose con grandi chiacchiere ad un figlio. E soprattutto vorrei essere tanto anomala, da non pensare, come credo la maternità comporti, che un figlio debba essere esente da qualsiasi sofferenza. Non si può. Giusto o sbagliato oggi, senza tutto il pacco della mia vita, con il sereno e le nuvole, non sarei chi sono.
Passati i corrosivi 60 secondi, sorte la sAghe mentali. Non sarei granchè di mamma. Sarei pessima. Io. Lo sò.
Poi sono arrivata a casa e ho spento il motore. BambinA sei salva!

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Il vicino è morto. Le finestre chiuse, il silenzio. Noi on c’eravamo.
Son tutti via. Me lo ha detto oggi la vicina, la vecchia brontolona.

Così se oggi pensando all’aldilà in quel piccolo test, in fondo non mi davo pena per una qualsiasi risposta che non fosse che in fondo "chissenefrega se c’è o non c’è", stasera ho pensato che lui, che non ha voluto giacca e cravatta ma la divisa della protezione civile, per andare…forse per lui, faceva differenza.
Lui , in fondo si è preoccupato di rassicurare chi restava. Lui la vita se l’è vista uscire dalle vene , dalla carne , dal corpo, dai battiti del cuore mangiucchiati dall’inferno, a poco a poco. E gli si strappan figli che non avran padre. E lei è stata forte come nessuna.
Che l’erba cattiva non muore mai, si strappa amore all’amore.